Santuario Madonna della Stella
Ricostruzione Storica

Ricostruzione Storica

Cinquecento anni fa il poggio chiamato Selva era destinato alla pastorizia e poco abitato. A motivo della sua bellezza poetica e suggestiva, è molto probabile che la gioventù di suddetti paesi vi si recasse collo scopo di divertirsi tra orge di vino ed altro.

Dove finisce la storia scritta comincia la tradizione orale che ci riporta al 31 Maggio 1536 quando la Beata Vergine apparve al sordomuto pastore Antonio de Antoni, di Gardone Valtrompia, che pasceva il gregge di Bonomo Bonomi. Il pastore con la corona del rosario in mano vide d’innanzi ai suoi occhi una stella estremamente lucente, più del Sole, al centro della quale stava la Vergine col Bambino fra le braccia. Ella lo invitò ad indurre le popolazioni del luogo ad erigere un Santuario in suo nome. Alla titubanza dell’uomo, Maria assicurò che avrebbe ripagato con grazie e prodigi la propria richiesta.

Ripresosi dalla visione e forte della sua Fede, il pastore si recò presso i reggenti dei tre paesi ad annunziare la buona novella. Il primo prodigio fu per l’appunto l’acquisizione del dono di parola ed udito da parte del de Antoni.Come narrato da Cornelius Flaminius in Notizie storiche delle principali Apparizioni ed immagini di Maria Vergine nel Dominio Veneto: “…divulgatasi in un baleno la fama dell’apparizione, si recarono con numerosa folla di popolo al luogo indicato ove mirarono con sorpresa nel mezzo d’una pianura un bel collocato disegno di fondamenta nel di cui mezzo elevatasi un giglio di non mai più veduta bellezza su cui spargeva i suoi raggi una stella perpendicolarmente ad esso imminente. Ad un tanto portento tutti si arresero e nell’anno stesso della verginale comparsa disposero le fondamenta della nuova Chiesa, per l’avanzamento della quale accorse con apostolica liberalità, concedendo indulgenze, Paolo III nell’anno secondo del suo pontificato”.

Lo stesso fatto si ritrova narrato nei “Ragionamenti di Cose Patrie” del Cav. Francesco Gambara, il quale ricorda anche come il nome del Santuario da “S. Maria in Silva” divenne “Madonna della Stella”.

Il 23 Giugno 1536 i rappresentanti di Cellatica e S. Vigilio si recarono per aver l’autorizzazione a costruire il santuario dal Vicario Generale di Brescia mons. Lorenzo Muzio, il quale acconsentì ed ingiunse inoltre, sotto pena di scomunica, una multa di cinque ducati affinché “nessuno avesse osato mai tenere nelle vicinanze dell’erigendo santuario né suoni né canti profani,  né giuochi né checché vi fosse di meno conveniente al culto di luogo santo”. Ottenuto il permesso le due comunità chiesero anche l’approvazione del Papa, ognuna inviò quindi due rappresentanti ad esporre a Sua Santità Paolo III la loro iniziativa, di fatto la rappresentanza gussaghese era già presso Roma.
Il 10 Ottobre i sei delegati laici ottennero il permesso dal Pontefice di innalzare il Santuario e di arredarlo; di riceverne le offerte e di amministrarle; di costituire una rendita per il mantenimento di un sacerdote custode e celebrante; di concedere indulgenze per coloro che avessero prestato gratuitamente la loro opera; il diritto di patronato e di rappresentanza, non per privilegio ma per fondazione e devozione.

La delibera circa l’inizio d’impresa venne presa il 25 Marzo 1537 nella sala municipale di Gussago, e siglata dal notaio Benedetto Salino. I lavori presero dunque piede il 2 Giugno 1537, con la posa della prima pietra, dopo che i tre Comuni ebbero a lungo dibattuto in merito all’orientamento della facciata, la quale ognuno  desiderava rivolta verso il proprio borgo. Secondo tradizione orale, in una fredda giornata d’inverno dopo un’abbondante nevicata, i fedeli, che s’erano recati sul luogo della futura fabbrica, con grande sorpresa trovarono il perimetro delle fondamenta segnato dai fiocchi di neve, con la facciata rivolta verso Cellatica. Probabilmente il fatto, tramandato nel tempo, si è arricchito e modificato con l’inasprirsi dei campanilismi, esasperando la primitiva versione. Si ricorda che i lavori iniziati con la facciata rivolta verso Gussago, avrebbero di notte subito un “prodigioso” cambiamento, spostando  il muro verso Cellatica.
Nel giro di due anni l’edificio fu eretto, seppur più modesto dell’attuale, e quasi subito dotato della pala del Romanino, la Madonna col Bambino adornata con una stella sul capo; fu subito pronto per essere officiato anche se per molti anni rimase bisognoso di molti lavori di rifinitura e di abbellimento, come si legge nel verbale della visita pastorale del card. Carlo Borromeo che nel 1580 notava che: “l’Oratorium Beatissimae Virginae Mariae” era “non consecratum, non perfectum”, ma già con un gran numero di fedeli.

Si ricorda poi che il 10 Ottobre 1536, ottenuto il Giuspatronato da papa Paolo III, i tre Comuni amministrarono le celebrazioni religiose per mezzo di una commissione composta da due membri per ognuno, che venivano rinnovati o riconfermati ogni anno. Questi nominavano il cappellano che vi doveva celebrare ogni giorno la Messa; riserbato ai Parroci dei tre paesi era invece il diritto di accedere al Santuario per compiervi tutte le funzioni ordinarie, mentre quelle più solenni delle feste dell’Annunciazione (25 Marzo) e della Natività di Maria Vergine (8 Settembre) dovevano essere celebrate ogni anno per turno dal clero delle tre Parrocchie.
Negli anni successivi i nobili locali cercarono di intromettersi nella gestione amministrativa del Santuario, ma i rappresentanti dei Comuni, forti dell’aiuto delle popolazioni, vi si opposero fermamente, riuscendo alla fine a ribadire il loro diritto con Papa Gregorio XIII che confermò il Giuspatronato ai tre Comuni. Al riconoscimento dei propri diritti, la popolazione inneggiò gridando: “San Verzele, Seladega e Güsac, la Madona de la Stella l’è töta nossa de nöter!” il che tradotto significa: “San Vigilio. Cellatica e Gussago, la Madonna della Stella è tutta nostra, di noi altri!”. A ricordo di questa vittoria nel 1623 fu eretto un altare al centro del quale fu collocato un quadro di Antonio Gandino colla Madonna affiancata dai Santi Fermo e Gottardo e, nella parte inferiore, i tre protettori dei paesi: S. Lorenzo per Gussago, S. Vigilio per l’omonimo Comune, e S. Giorgio per Cellatica. Tuttavia l’armonia non durò a lungo, come testimoniano alcuni documenti d’archivio, e anche le persone più anziane che ricordano ancora i diverbi la Domenica alla Stella, quando qualche bicchiere di troppo surriscaldava gli animi e i fedeli delle tre comunità cominciavano a guardarsi con occhio diffidente. C’era poi chi cominciava cantando a mo’ di litania: “Güsac,  Seladega,  San Verzele…la Madòna dèla Stèla l’è so…de noòter…se ‘l vènt la gnà la pòrta  via…poarì noòter!” che tradotto vuol dire: “Gussago, Cellatica, S. Vigilio…la Madonna della Stella è sua…di noi, se il vento ce la porta via…poveri noi!”, accompagnando il canto con vistosi gesti della mano per indicare con orgoglio sé stessi, come unici interessati al fatto, come se fossero proprietari del Santuario.
Nonostante ciò, di contro alle diatribe campanilistiche, quando nel 1826 il Dominio Austriaco tentò di trasferire il Santuario ed i suoi beni al Demanio, i tre Comuni, capeggiati dall’Arciprete di Cellatica, difesero strenuamente i propri diritti conseguendo lo scopo. E similmente avvenne pure in occasione della Peste del 1836, quando gli abitanti degli stessi tre borghi, senza distinzione di ceto, si rivolsero in continue processioni e preghiere, di giorno e di notte, alla Madonna della Stella, e ottennero così in pochi giorni la recessione della pestilenza.
Le tensioni tra i Comuni riemersero comunque a tratti, come è scritto per esempio in una relazione del 6 Luglio 1853 l’Arciprete di Cellatica Carlo Gaza, assieme alla sua gente (cellatichese),  lamenta di aver subito “l’irriverenza di gran parte del popolo ivi radunato nel giorno delle rogazioni in tempo di Messa sulla prada (prato circostante l’edificio), occupato in vani discorsi ed in sconcìe senza levarsi neppure il cappello alle croci portate in processione, trattenendosi invece quasi sul limitar del Santuario, con scandalo, a bere liquori ed acquavite, che con abuso colà si vendevano in tal giorno, mentre dal clero e dal popolo si cantavano le sacre preci per implorare benedizione sui nostri campi”. Quelle cerimonie erano molto sentite e partecipate, rivolte soprattutto ad invocare la protezione del raccolto sempre minacciato dalla siccità o dalla tempesta. In annate particolarmente siccitose si organizzavano processioni dai paesi al Santuario, a piedi scalzi, portando l’ombrello perché sicuri di trovare al ritorno la pioggia indispensabile per la campagna. Più volte infatti successe che i fedeli salissero il mattino presto, sotto un cielo terso, avvolti da afa opprimente, dopo giorni di siccità, e tornassero a sera in paese cantando sotto una benefica pioggia.

Dal punto di vista storico va ricordato inoltre che la casa del rettore fa parte del Comune di Cellatica, e la Comunità di suddetto paese, sin dal 1536, si preoccupa di realizzare il loco un posto di ristoro, e cioè un’osteria la cui gestione viene periodicamente affidata ad una persona scelta con formale delibera della Vicinia (amministrazione Comunale del tempo) di Cellatica.
Nell’Archivio Notarile di Brescia non vi è traccia di documenti relativi all’appartenenza territoriale, nei Catasti Antichi e Napoleonico di inizio Ottocento, invece, il solo Santuario viene attribuito al Comune di S. Vigilio, confermato anche da quello Austriaco di metà Ottocento e da quello del Regno d’Italia del 1898.

Non v’è dubbio alcuno che, dal punto di vista puramente geografico, l’attribuzione a Cellatica sarebbe la più naturale, in quanto il Santuario e la sua facciata dominano interamente l’abitato. Dal punto di vista religioso, oltre a tutto, il Santuario è parte integrante della Parrocchia di Cellatica. Agli inizi degli anni Settanta, in occasione della revisione delle mappe dell’Istituto Geografico Militare (il quale lo includeva nel Comune succitato), i sindaci dei due paesi minori si incontrarono per tentare di ottenere lo spostamento del confine comunale, ed includervi il Santuario medesimo. Erano gli anni di Papa Paolo VI e, tra le ragioni addotte, vi fu pure quella per cui il Santuario era caro al Pontefice, nativo di Concesio, e che la rinuncia da parte di S. Vigilio sarebbe apparsa una scortesia nei Suoi confronti.
Gussago nelle testimonianze anche più recenti non ha mai avanzato pretese territoriali in proposito, pur essendo il Santuario sempre designato come “la Stella di Gussago”, poiché la strada obbligata per recarvisi in automobile è situata nel suo territorio.